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Linea dura sull’omesso versamento delle ritenute previdenziali. È infatti lecito il cumulo della sanzione civile e della condanna penale, esulando il ristoro verso l’Inps dal reato. Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 31378 del 20 luglio 2015, ha reso definitiva la condanna per il reato fiscale a carico di un imprenditore di Brescia. In particolare l’uomo era stato condannato a sei mesi di reclusione e alla sanzione civile. Per questo la difesa, in applicazione del principio del ne bis in idem, ha chiesto l’eliminazione di una delle due sanzioni. La tesi non ha fatto breccia presso i giudici del Palazzaccio che hanno invece precisato come in coerenza con i principi esposti nella sentenza Grande Stevens c. Italia, va verificato allora, al di là del nomen iuris attribuito alla sanzione prevista dall’art. 116 comma 8, della legge 689 del 1981, se essa assuma una natura intrinsecamente penale o meno: la risposta, a giudizio del Collegio di legittimità, è negativa in quanto mentre la sanzione prevista dall’art. 2 comma 1 bis della L. 683/38 mira a tutelare il diritto del lavoratore in danno del quale il datore di lavoro si è appropriato delle somme a lui riservate (tanto che comunemente il delitto previsto dalla legge sopra ricordata viene accostato alla figura dell’appropriazione indebita), la sanzione contemplata nell’art. 116 citato ha effetti ristoratori verso l’Inps e dunque assume caratteri sostanzialmente, e non solo formalmente, civilistici.
(Fonte: ItaliaOggi)