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Ecco perché l’amore è tutta fatica sprecata


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Non si finisce mai di parlare di passione, ma ognuno dice solo frammenti di verità. Il segreto? Ascoltare l’istinto, come quando eravamo ragazzi
Gli amori finiscono, ma non si finisce mai di parlare d’amore. Se ne discute da secoli, da millenni. Sull’argomento hanno discettato scrittori, poeti e drammaturghi, e sono usciti libri a iosa. Eppure il tema è sempre d’attualità, nonostante sia stato sfruttato sino alla noia.
Mutano i tempi, mutano i costumi, mutano le sfumature, ma il seme dell’amore rimane un mistero che vorremmo svelare. Nel tentativo di capire di che cosa si tratti, diciamo e scriviamo un sacco di stupidaggini contenenti frammenti di verità, ma non tutta la verità.
Recentemente la Bompiani ha pubblicato un volume di Antonella Boralevi, Gli uomini e l’amore : l’ennesimo saggio che cerca di spiegare l’inspiegabile, analizzando i comportamenti di uomini e donne travolti dalla passione. Il testo si fa leggere, è divertente, ma non esaurisce la questione per il semplice fatto che è inesauribile. I sentimenti, probabilmente, sono «merce» comune, ma ciascuno li vive a proprio modo e li racconta in maniera diversa: a livello individuale ci si innamora e ci si disinnamora in forma unica e irripetibile. Non c’è un individuo uguale ad un altro: siamo soggetti originali e non copie l’uno dell’altro.
Antonella Boralevi si danna come una sociologa per trovare una tipologia universale di innamorato/innamorata. Quando pare l’abbia trovata, ti accorgi che la sua è soltanto una opinione. Interessante, ma eccepibile. Non tedierò il lettore elencando gli autori che si sono dedicati nei secoli allo studio del mal d’amore. Cito soltanto Stendhal de Il rosso e il nero (l’abatino si invaghisce della nobildonna, la possiede e dopo un po’ non ne può più di lei) e Goethe de I dolori del giovane Werther, i quali forniscono un bel campionario delle sofferenze amorose che movimentano l’esistenza umana, senza però essere in grado di rappresentare coi loro capolavori l’umanità intera. Operazione, questa, superiore perfino alla mente di due geni quali quelli menzionati.
Boralevi, va da sé, non ha ambizioni elevate al punto da voler chiudere il discorso in materia. Si limita a narrare le abitudini sessuali dei contemporanei di genere specialmente maschile. E qui casca l’asino. Perché, pur con tutti gli aggiornamenti sul piano del costume che si registrano negli ultimi anni, occorre concludere che l’asino (bipede) moderno è simile ai propri avi. Nel senso che il suo cuore e il suo apparato genitale non si sono radicalmente modificati.
Andiamo giù piatti. A Dante piaceva da morire Beatrice esattamente come a me, o a te, caro lettore, piace la segretaria dell’ufficio. C’è un solo dettaglio da considerare: il sommo poeta, non avendo a disposizione un motel, non ce la fece a concretizzare; io, nel mio piccolo, non ho mai avuto difficoltà a recuperare un giaciglio idoneo alla bisogna. Ma il mio amore e quello di Dante si assomigliano, benché personalmente non abbia avvertito l’esigenza di scrivere un poema, mentre lui sì.
Perché? Noi maschi, e forse anche le femmine, amiamo intensamente chi non abbiamo avuto la soddisfazione di scopare. Coloro, invece, le quali abbiamo possedute, prima o poi, desideriamo scaricarle. È brutto. È squallido, ma è così. Con le mogli e le amanti il gioco è analogo: fai il pazzo per averle e, dopo un periodo più o meno lungo, anzi, più o meno breve, non resisti alla routine e preferisci abbatterti in poltrona a vedere Porta a Porta , con Vespa mattatore, che non ospitarle nel tuo letto dato che, poi, a esercizio ultimato, esse pretendono le coccole quando tu ambisci ad accendere una sigaretta e a togliertele dalle balle.
D’altronde, il sesso in sé, una volta spentasi la cosiddetta libido, si presta a interpretazioni umoristiche. Infatti, la fatica è tanta, il godimento dura poco e la posizione è ridicola. Antonella Boralevi, nella sua disamina, è fin troppo generosa e attribuisce un valore notevole agli istinti carnali, tant’è che, basandosi sulle statistiche, fa un’affermazione stupefacente: le escort in Inghilterra, nel quinquennio, sono aumentate da 14mila a 28mila, e i gigolò (o toyboy) sono addirittura triplicati, 16mila. Segno che la parità tra uomo e donna, anche nel settore più delicato, quello della bramosia sessuale, è un traguardo prossimo.
Non tutte le persone hanno una condotta identica. C’è chi rifiuta legami stretti e chi, viceversa, si sposa ogni due per tre, ossia in qualsiasi circostanza in cui si «scaldi», salvo scoprire che il proprio «calore» o attrazione, o come diavolo si chiami, si protrae al massimo un paio d’anni, dopo di che questo maschio è pronto per un nuovo divorzio e un nuovo matrimonio. Un dramma soprattutto economico. Al quarto sposalizio, il povero disgraziato è sul lastrico e gli tocca sfamarsi alla Caritas. Non è una bella performance. Ovvio che l’uomo plurimaritato sia destinato a nausearsi, e allorché gli capiti sotto gli occhi una gonnella appetibile sia indotto alla fuga.
In effetti i divorzi sono diminuiti quanto i matrimoni: ti credo, con quel che costano… Sette milioni di italiani adulti sono single: non è un caso né un capriccio se, alle delizie, dell’accoppiamento, essi preferiscano il surrogato dell’onanismo. Che ha il vantaggio di essere gratis e non impone perdite di tempo che impediscano di assistere alla finale di Champions. La psicologia maschile in teoria sarebbe complicata, ma si semplifica per cause di forza maggiore.
Ciascuno di noi invero avrebbe l’opportunità di regalarsi una esistenza gradevole con la donna giusta accanto, in una unione che non scada come una mozzarella. Sarebbe sufficiente imparare a essere spontanei e ad ascoltare la voce che ci parla nell’intimo e suggerisce con giudizio ciò che è opportuno fare e non fare.
Il segreto per scongiurare le corna passive e attive è temerle, sapendo che farle e subirle provoca amarezza e problemi, oltre che pentimenti, liti e sconforto.
Dovremmo rammentare le pulsioni dell’adolescenza, l’età in cui ci si educa, si sentono i primi e decisivi turbamenti, si è presi da sentimenti autentici, sinceri. Penso che per vivere in due senza irritazioni, si debba avere al proprio fianco la compagna (o il compagno) di banco ideale, quella ragazza con la quale il tempo condiviso non era un peso, ma una letizia. Stare insieme con lei dava una sensazione di completezza: bastava uno sguardo per capirsi, ti veniva spontaneo aiutarla e chiederle aiuto; la mattina, incontrandola a scuola – e poi nella vita – il tuo (e il suo) animo si rasserenava, cosicché nasceva una complicità che fa rima con felicità.
Una felicità elementare, quella che ti pervase il giorno in cui, entrambi timorosi di essere interrogati dal professore, la tua mano e la sua si congiunsero sotto il banco, di nascosto, e da allora non si sono più staccate. L’amore per me è questa cosa qua. Il resto è energia sprecata.
AA

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