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Jobs Act Lavoro Autonomo: come funzionano maternità, congedi parentali e malattia


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Il 28 gennaio scorso, il Consiglio dei Ministri ha approvato il Jobs Act autonomi (ddl “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”).
L’obiettivo è quello di completare la riforma delle tipologie contrattuali avviata con il D.Lgs. n. 81/2015 (81/2015). Il Titolo I (primi 12 articoli) del Jobs Act Autonomi, presentato al Senato l’8 febbraio 2016 (su autorizzazione della Presidenza della Repubblica del 5 febbraio), non ancora assegnato alle Commissioni, è dedicato alla tutela del lavoro autonomo. Il Jobs Act Autonomi è infatti il “Collegato Lavoro” alla legge di Stabilità 2016 e vorrebbe completare la lacuna del codice dei contratti che avrebbe dovuto superare le collaborazioni coordinate e continuative: in buona sostanza, ripristina le tutele che il d.lgs. n. 276/2003 riconosceva al lavoro a progetto (artt. 61-69), abrogate dal 25 giugno 2015 ad opera del d.lgs. n. 81/2015.
Il Jobs Act Autonomi vorrebbe, come detto, colmare la lacuna del codice dei contratti e superare le collaborazioni coordinate e continuative, con una generale espansione dell’area della subordinazione, che rappresentava uno dei temi salienti fra le previsioni contenute nella legge delega. Accanto alla centralizzazione del lavoro subordinato a tempo indeterminato c’era anche la prospettiva di una disciplina “leggera” e semplificata su lavoro non subordinato e autonomo non in collaborazione.
A discapito degli intenti, il “codice dei contratti” non ha superato nulla, al contrario ha riproposto questo tipo di collaborazioni nella stessa modalità e con le analoghe difficoltà operative.
Le nuove tutele dovrebbero trovare applicazione (art. 1) nei confronti di tutti i rapporti di lavoro autonomo di cui al Titolo III del Libro quinto del codice civile (articoli 2222-2238 c.c.), continuativo e occasionale, esclusi però tutti gli imprenditori anche piccoli (art. 2083 c.c.).
Il nuovo intervento normativo prevede una modifica dell’art. 409, n. 3, c.p.c e definisce giuridicamente la collaborazione coordinata e continuativa: “la collaborazione si intende coordinata quando, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizza autonomamente l’attività lavorativa” (art. 12, comma 1, lett. a).
Nel Jobs Act Autonomi viene ampliata la fruizione dell’indennità di maternità (per i due mesi che precedono il parto e per i tre mesi successivi) a prescindere dall’effettiva astensione dal lavoro (art. 8).
I congedi parentali sono indennizzati per massimo sei mesi, entro i primi tre anni di vita del bambino (art. 9).
Verrebbe ripristinata la tutela per gravidanza, malattia e infortunio (già prevista ma poi abrogata dal d.lgs. n. 81/2015 per i lavoratori a progetto): le assenze non comportano l’estinzione del rapporto contrattuale ma la sospensione, senza erogazione né maturazione del corrispettivo: in particolare (art. 10, comma 1) la gravidanza, la malattia e l’infortunio dei lavoratori autonomi che svolgono una prestazione lavorativa in via continuativa per il committente comportano la sospensione dell’attività lavorativa (per non più di 150 giorni nell’anno solare e senza corrispettivo).
Per la malattia o l’infortunio gravi (interruzione più lunga di 60 giorni) c’è la sospensione del versamento dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi per tutto il periodo della malattia o dell’infortunio, per massimo 2 anni. Dopo i due anni il lavoratore autonomo deve versare i contributi e i premi maturati (art. 10, comma 2) con rate mensili di numero pari al triplo dei mesi di durata della sospensione.
Per i lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata INPS (art. 2, comma 26, legge n. 335/1995) i periodi di malattia, certificata in conseguenza a trattamenti terapeutici di malattie oncologiche, sono uguali a degenza ospedaliera (art. 11).
La proposta legislativa contiene, altresì, una tutela contro i ritardi di pagamento dei compensi (art. 2) con estensione alle transazioni commerciali tra imprese e lavoratori autonomi o tra lavoratori autonomi delle misure contenute nel D.Lgs. n. 231/2002.
Nel Jobs Act Autonomi vengono individuate clausole abusive (art. 3) prive di effetto in ogni contratto relativo a prestazioni di lavoro autonomo se danno al committente la facoltà di modificare le condizioni del contratto o, per quello che riguarda i contratti a prestazione continuativa, di recedere dal contratto senza preavviso o che sanciscono la pattuizione di termini di pagamento superiori ai 60 giorni dalla data di ricevimento di fattura o richiesta di pagamento.
È abusivo il rifiuto del committente di stipulare in forma scritta il contratto.
Le clausole o i patti danno diritto al lavoratore autonomo del risarcimento dei danni.
Inoltre si segnala che le tutele di proprietà intellettuale vengono riconosciute per gli apporti originali e le invenzioni (art. 4), la piena deducibilità delle spese di formazione e aggiornamento professionale, escluse le spese di viaggio e soggiorno e nel limite annuo di 10.000 euro. Nel limite annuo di 5.000 euro c’è piena deducibilità per servizi personalizzati di certificazione delle competenze, orientamento, ricerca e sostegno all’autoimprenditorialità; c’è piena deducibilità anche per gli oneri per assicurarsi a garanzia del mancato pagamento (art. 5).
Per assicurare l’accesso alle informazioni sul mercato anche con riferimento a commesse, appalti pubblici, opportunità di credito e agevolazioni pubbliche (art. 6), centri per l’impiego e agenzie per il lavoro devono dotarsi di uno sportello per il lavoro autonomo. Pieno accesso alle informazioni relative agli appalti pubblici per gli autonomi e promozione, da parte delle pubbliche amministrazioni, della partecipazione dei lavoratori autonomi agli appalti pubblici (art. 7).
(Fonte: Leggi Oggi)

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