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La Corte di Cassazione, sez. Lavoro, nell’ordinanza n.9778 dell’11/02/2024, sancisce il principio secondo cui , in caso di fine relazione tra due persone , la ex ( nel caso di specie) ha diritto a farsi pagare tutta l’attività che ha svolto nell’azienda dell’allora compagno ed anche il risarcimento del danno per l’omessa contribuzione. La convivenza more uxorio fra le parti non implica che la prestazione erogata da uno nell’impresa dell’altro sia espressione dei vincoli di solidarietà che esistono (anche) nelle coppie di fatto: il rapporto può trovare fondamento pure nel lavoro subordinato, a patto di dimostrarlo con una prova rigorosa; che può ritenersi raggiunta perché la donna risulta inserita in modo stabile nell’organizzazione d’impresa di lui e i compiti disimpegnati assorbono molte energie, al punto da impedirle di svolgere altre attività. Il titolare del negozio pagherà alla ex 105 mila euro a titolo di retribuzione più i contributi. E ciò perché dagli atti emerge che la compagna è sempre presente nei locali per la vendita . In azienda si occupa anche dell’amministrazione contabile e dell’organizzazione del lavoro. Non giova alla difesa dedurre che si dovrebbe dimostrare il requisito dell’eterodirezione nella prestazione per stabilire l’esistenza di un rapporto subordinato: diversamente si dovrebbe presumere la natura gratuita della prestazione, visto il rapporto di convivenza fra le parti. In realtà è proprio la relazione sentimentale fra i due che consente di ritenere sussistente il rapporto di lavoro subordinato per il solo fatto che la donna sia inserita in modo pieno e stabile nell’organizzazione aziendale: pesa la circostanza che la signora non abbia un’autonomia gestionale nel negozio, mentre la prestazione non deve risolversi in ordini specifici e dettagliati laddove i compagni in quel momento condividono anche il rapporto affettivo.
(Autore: AMS)
(Fonte: ItaliaOggi)