Fisco
È appena stato pubblicato sul sito del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili un interessantissimo documento che ha ad oggetto il trattamento contabile delle assegnazioni dei beni ai soci, argomento di grande attualità dopo l’entrata in vigore, con la legge di stabilità 2016, del regime agevolato che riguarda proprio questo tipo di operazioni (purché aventi ad oggetto beni immobili e beni mobili registrati, non strumentali: art.1, commi 115-120, legge 28 dicembre 2015, n.208). L’aspetto contabile dell’assegnazione non è stato diffusamente trattato dalla dottrina, né tanto meno dall’Agenzia delle Entrate (neanche nei documenti di prassi emanati in riferimento ad analoghe agevolazioni del passato).
Dal punto di vista fiscale, l’assegnazione di un bene strumentale genera una plusvalenza se il valore normale del bene stesso eccede il valore contabile, mentre non genera minusvalenza deducibile nel caso in cui il valore normale sia inferiore al valore contabile (art. 86, comma 1, lett. c e art. 101, comma 1, del T.U.I.R., applicabili anche alle società di persone).
Secondo il documento del CNDCEC, invece, plusvalenze e minusvalenze emergono sempre da un punto di vista contabile, a prescindere dai riflessi fiscali.
Il caso dell’assegnazione di un bene il cui valore normale coincide con il valore contabile, come pare evidente, non presenta difficoltà.
Nel caso in cui lo stesso immobile abbia un valore contabile pari a 20, affinché si possa avere distribuzione di utili per 30 (valore normale) è necessario che emerga una plusvalenza di 10.
Tralasciando qui le particolarità della disposizione agevolativa, ed i correlati riflessi fiscali, con il trattamento contabile raccomandato dal CNDCEC le plusvalenze e minusvalenze contabili emergono sempre e trovano collocazione in bilancio (nonostante non derivino da operazioni di realizzo con soggetti terzi). Si deve prendere atto che il parere espresso nel documento del CNDCEC proviene da fonte autorevole ed istituzionale, ed è un sicuro riferimento per la categoria.
Ragionando sul significato della plusvalenza da assegnazione, si tratta di una posta contabile che bilancia la diminuzione della riserva di utili (o dell’utile stesso, come nell’esempio del documento) in misura superiore a quella che conseguirebbe all’uscita dal patrimonio sociale del bene (infatti la riserva diminuisce per 30, mentre il bene vale contabilmente 20).
Un po’ come dire che si è svuotata la riserva in misura pari al valore normale, e di conseguenza occorre reintegrarla con un provento (figurativo) registrato nell’anno dell’assegnazione; oppure, che si è pagato un debito (per il pagamento degli utili) con un bene dal valore contabile inferiore al debito stesso, per cui si è realizzato un provento pari proprio a questa differenza, come in una di datio in solutum con la quale emerge un plusvalore.
In caso di minusvalenza, il ragionamento è identico e speculare.
L’esigenza di contabilizzare plusvalenze e minusvalenze nasce, insomma, dalla diminuzione della riserva di utili in misura pari al valore normale del bene.
Dopo questa netta presa di posizione del CNDCEC esiste un autorevole riferimento per questo tipo di contabilizzazione, che sarà bene seguire per non incorrere in censure del bilancio.
(Fonte: Fisco e Tasse)