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La Coldiretti ha lanciato l’allarme e stilato la classifica dei 10 prodotti più nocivi importati in Italia in grandi quantità che ancora circolano nei nostri supermercati
Peperoncino vietnamita
Il peperoncino vietnamita è molto più che piccante, contiene veleno. E anche se non è certo questa la sua maggiore attrattiva, l’Italia, nel corso del 2013, ne ha importato e consumato ben 273.800 chili, preferendolo al peperoncino nostrano nella preparazione industriale di sughi, condimenti e piatti pronti oppure in oli aromatizzati. Il tutto ovviamente in barba all’alta qualità dello stesso prodotto messo a disposizione dai nostri coltivatori.
Il peperoncino però non è il solo alimento di importazione in cui è stata rilevata un’elevata presenza di sostanze nocive (difenoconazolo, hexaconazolo e carbendazim): gli fanno buona compagnia altri 9 prodotti risultati positivi alla ricerca di residui chimici effettuata dall’Efsa (Agenzia europea per la sicurezza alimentare) e presentata a Napoli dalla Coldiretti. E se il peperoncino fa la parte del leone con livelli di sostanze allarmanti nel 61% dei campioni controllati, a preoccupare la Coldiretti, è soprattutto l’arrivo in Italia di 1,6 milioni di chili di lenticchie turche risultate contaminate in un caso su quattro (24,3 %).
Ancora peggio è andata per le melagrane turche (40,5 % di frutti velenosi) e i fichi brasiliani (30,4 % di campioni nocivi); mentre a breve distanza si collocano arance uruguaiane, ananas gahnesi e foglie di tè cinesi. Pensare che nei primi mesi del 2014 le importazioni di tè dalla Cina si sono addirittura impennate arrivando ad aumentare del 1100 %.
Per non parlare del riso indiano, che con l’enorme quantitativo di 38,5 milioni di chili annui importati rappresenta il rischio più elevato per la salute dei consumatori italiani.
Fanalini di coda della classifica negativa, i fagioli kenioti e i cachi israeliani che hanno rivelato “solo” un 10% di nocività.
Il report, presentato a un’assemblea di diecimila coltivatori provenienti da tutte le regioni italiane, è tale da scaldare gli animi dei nostri addetti al settore agricolo.
La produzione Made in Italy, infatti, è giustamente tenuta a rispettare valori di sicurezza rigidissimi, tanto che i nostri frutti, ortaggi e legumi risultano irregolari alle analisi solo nello 0,2 % dei casi, vale a dire 9 volte meno della media europea e 32 volte al di sotto della media internazionale.
Per difendersi da una simile concorrenza sleale e soprattutto per mettere al riparo la salute di consumatori completamente ignari di ciò che mettono nel piatto, Coldiretti chiede da tempo di rendere trasparenti i flussi delle materie prime nonché di pubblicare i nomi delle aziende che utilizzano alimenti stranieri. E auspicano anche l’obbligo di indicare in etichetta l’origine degli alimenti. Davanti a questo ennesimo allarme il ministro alla salute Beatrice Lorenzin si è impegnata ad ascoltare le loro richieste.
(fonte salepepe)