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La nuova conciliazione di lavoro: come funziona


Ordine Informa

Il decreto attuativo del Jobs Act introduce, per i lavoratori assunti dopo la sua entrata in vigore, una procedura di conciliazione facoltativa, che sostituirà la conciliazione preventiva in DTL introdotta dalla legge Fornero; si tratta della terza modifica in pochi anni, dopo il collegato lavoro (legge n. 183/2010) e la riforma Fornero (legge n. 92/2012).
Nulla cambia per i lavoratori assunti prima dell’entrata in vigore del decreto: per questi, continuerà ad applicarsi la procedura presso la DTL, mentre non sarà utilizzabile la conciliazione facoltativa.
La procedura introdotta dal Jobs Act presenta rilevanti differenze con quella prevista dalla legge Fornero.
Una prima differenza riguarda l’ambito di applicazione: la procedura Fornero vale solo per i licenziamenti economici, la nuova conciliazione facoltativa può essere usata per qualsiasi recesso, anche per quelli di natura disciplinare.
Cambia anche la finalità delle due procedure. La conciliazione preventiva in Dtl si svolge prima che sia stato intimato il licenziamento, ed ha lo scopo di evitare che si arrivi all’interruzione unilaterale del rapporto, mediante un accordo che può prevedere l’uscita incentivata del lavoratore oppure un suo cambiamento di mansioni o di sede.
La nuova conciliazione facoltativa interviene, invece, in un momento successivo, quando il licenziamento è stato già intimato, ed ha uno scopo diverso: prevenire l’avvio di una causa di lavoro da parte del dipendente.
Per arrivare a questo risultato, si prevede un meccanismo volontario che inizia con l’offerta, da parte del datore, di una somma di denaro al lavoratore appena licenziato.
Tale offerta può essere formulata solo in alcune sedi predefinite – quelle abilitate a convalidare le rinunce e le transazioni di lavoro, quindi principalmente le Dtl, le sedi sindacali e le commissioni di certificazione – e soltanto sino a quando non è scaduto il termine di 60 giorni per impugnare il via stragiudiziale il licenziamento.
L’entità dell’offerta economica non è rimessa alla libera scelta del datore di lavoro, ma è predeterminata dalla legge: una mensilità di retribuzione per ogni anno di servizio (per i periodi di durata inferiore l’importo viene riproporzionato), in misura comunque non inferiore a 2 e non superiore a 18.
Le somme offerte nell’ambito della conciliazione facoltativa hanno una disciplina molto favorevole, in quanto sono totalmente esenti da qualsiasi imposizione fiscale e contributiva, e di conseguenza il loro importo netto si avvicina molto a quelle che si potrebbero conseguire in giudizio.
L’offerta deve essere formulata mediante consegna di assegno circolare. Il lavoratore che riceve la proposta può decidere di rifiutarla, e in tal caso resta libero di impugnare in via giudiziale il licenziamento, oppure può incamerare l’assegno.
L’accettazione della somma comporta la decadenza del diritto ad impugnare il licenziamento, mentre resta aperta ogni altra questione relativa al rapporto intercorso (es. differenze retributive, inquadramenti, ecc.); per chiudere anche queste possibili liti, le parti dovrebbe firmare un ulteriore accordo, separato e distinto dalla procedura.
(Fonte: Lavoro & Impresa)

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