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L’Agenzia delle entrate deve consentire l’accesso agli atti del contribuente. Anche se la richiesta riguarda la carriera del dipendente che ha sottoscritto l’avviso di accertamento, al fine di scoprire se era un dirigente incaricato (decaduto a seguito della sentenza n. 37/2015 della Corte costituzionale) o un dirigente di ruolo a seguito di concorso pubblico. L’amministrazione non può rifiutarsi ritenendo comunque validi gli accertamenti emanati. Ad affermarlo è il Tar Lazio, che con la sentenza n. 12977/2015, depositata lo scorso 16 novembre, ha accolto il ricorso di un contribuente.
Quest’ultimo, dopo aver ricevuto una contestazione per l’anno 2010, aveva presentato all’Agenzia istanza di accesso agli atti, per capire se il dipendente che aveva sottoscritto l’avviso fosse un dirigente di ruolo o un funzionario incaricato «retrocesso» a seguito della Consulta. La domanda veniva però rigettata dall’ufficio, sul presupposto che l’istante non avrebbe avuto un interesse diretto, attuale e concreto all’accesso, dato che la richiesta faceva riferimento ad atti non impugnati entro il termine di decadenza o impugnati senza dedurre il vizio di firma.
Tesi però non condivisa dai giudici amministrativi, secondo i quali «la richiesta di accesso agli atti della p.a. può essere proposta anche sulla base di un interesse di contenuto tale da non legittimare la proposizione del ricorso giurisdizionale». Il diritto all’accesso ai documenti amministrativi, pertanto, è consentito «a chiunque possa dimostrare che i provvedimenti che si chiede di visionare abbiano prodotto o siano idonei a determinare effetti diretti o indiretti anche nei suoi confronti», aggiunge il Tar.
(Autore: Valerio Stroppa)
(Fonte: ItaliaOggi)