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Lo schema di decreto delegato recante il “Testo organico delle tipologie contrattuali”, ridefinisce fra gli altri anche il lavoro intermittente e il lavoro accessorio, ma senza significative novità di rilievo per i rapporti intermittenti e con pochi elementi di novità per quanto concerne il lavoro accessorio. In particolare, viene introdotto un obbligo di comunicazione preventiva alla Direzione territoriale del lavoro con riferimento ai dati anagrafici, al codice fiscale del lavoratore e al luogo della prestazione, per attività di lavoro accessorio relative ad un arco temporale non superiore a 30 giorni. Previsto, inoltre, l’innalzamento a 7.000 euro (da rivalutare annualmente) del limite massimo del compenso al lavoratore accessorio e un parametro temporale di calcolo con riferimento all’anno civile.
In attuazione del comma 7 dell’articolo unico della legge n. 183/2014 lo schema di decreto delegato in materia di “Testo organico delle tipologie contrattuali”, AG n. 158, ridefinisce fra gli altri anche il lavoro a chiamata e il lavoro con voucher, ma senza significative novità di rilievo per i rapporti intermittenti e con pochi elementi di novità per quanto concerne il lavoro accessorio.
La conferma del lavoro intermittente senza modifiche
Riguardo al lavoro intermittente gli artt. 11-16 dello schema di decreto prevede la conferma integrale dell’istituto come oggi disciplinato dal d.lgs. n. 276/2003 (come modificato dalla legge n. 92/2012 e dal d.l. n. 76/2013, convertito dalla legge n. 99/2013), in particolare vengono riaffermate le causali oggettive e soggettive con i limiti anagrafici attualmente previsti e si conferma sul piano normativo la soluzione già adottata dalla prassi amministrativa di affidare alle determinazioni deicontratticollettivi anche le ipotesi di lavoro intermittente per periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno, laddove, peraltro, il testo dell’articolo 12, comma 1, dello schema debba essere riformulato in quanto, per come scritto (presumibilmente per errore materiale) i “periodi predeterminati” sono riferiti al momento di stipula del contratto piuttosto che, come doveroso, alle prestazioni lavorative.
Viene confermato anche il limite delle 400 giornate lavorative in 3 anni (ad eccezione dei settori turismo, pubblici esercizi e spettacolo, come specificati dal Ministero del Lavoro con risposta ad interpello n. 26 del 7 novembre 2014).
Con riguardo al divieto di ricorso al lavoro intermittente l’articolo 12, comma 4, lettera b), dello schema rende tassativo il divieto nei casi di sussistenza di licenziamenti collettivi o di trattamenti di integrazione salariale, che nel testo vigente, al contrario, fa salve diverse previsioni da parte degli accordi sindacali.
Nel caso di obbligo di risposta alla chiamata, il rifiuto ingiustificato seguita a rappresentare motivo legittimo di licenziamento e a comportare la restituzione della quota di indennità di disponibilità non spettante (articolo 14, comma 5), ma viene eliminato ogni riferimento al “congruo risarcimento del danno nella misura fissata dai contratti collettivi o, in mancanza, dal contratto di lavoro”, dovendosi chiarire se sia del tutto esonerato da risarcimento o se debbano trovare applicazione i principii generali civilistici in tema di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale.
Il criterio di computo dei lavoratori intermittenti nell’organico dell’impresa trova conferma rispetto alla norma vigente, ma viene esteso anche alle ipotesi in cui il calcolo rileva per applicare una disciplina di fonte contrattuale non più solo delle “normative di legge” (articolo 16 dello schema).
Infine, confermato l’obbligodi comunicazione preventiva della chiamata alla DTL con relativa sanzione amministrativa non diffidabile (articolo 13, comma 3, dello schema). Qui con specifico riferimento al draftingnormativo va segnalato che nel confermare la sanzione pecuniaria per l’omessa comunicazione non si è intervenuto secondo i principi sanciti dalla legge n. 183/2014 che delegava il Governo a rivisitare tutte le sanzioni in materia di lavoro, addirittura confermando la non diffidabilitàdella sanzione.
Il rilancio del lavoro accessorio
Il Titolo III dello schema di decreto, composto dagli articoli da 51 a 54, qualifica come prestazioni di lavoro accessorio la generalità delle attività lavorative (di natura subordinata o autonoma) che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 7.000 euro nel corso di un anno civile (articolo 51, comma 1).
Qui occorre anzitutto sottolineare l’innalzamento a 7.000 euro (soggetto a rivalutazione annuale) del limite massimo nel quale deve restare contenuto il compenso del lavoratore affinché la prestazione lavorativa possa seguitare a configurarsi come lavoro accessorio; si tratta di un limite significativamente aumentato rispetto ai 5.060 euro oggi in vigore (cfr. Circolare INPS n. 77 del 16 aprile 2015, per un limite lordo di 6.746 euro)
Altra novità di rilievo consiste nella previsione esplicita del parametro temporale di calcolo del compenso annuo con riferimento all’anno civile (non più solare), a conferma della posizione assunta dall’INPS con la Circolare n. 176 del 18 dicembre 2013 laddove, appunto, si specifica che, nell’ambito del lavoro accessorio, per “anno solare” deve intendersi il periodo dal 1° gennaio al 31 dicembre.
Viene confermata anche la previsione di un limite con riguardo al lavoro accessorio prestato per ciascun singolo committente, in quanto i compensi non possono essere superiori a 2.000 euro (pure soggetto a rivalutazione annuale). Qui si deve sottolineare che la cifra prevista dal legislatore delegato è addirittura inferiore rispetto ai 2.020 oggi in vigore (cfr. Circolare INPS n. 77/2015, per un limite lordo di 2.693 euro).
Per i lavoratori che fruiscono di ammortizzatori sociali si struttura la possibilità di consentire ai percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito di effettuare prestazioni di lavoro accessorio, in qualsiasi settore produttivo, entro il limite complessivo di 3000 euro di compenso (non soggetto però a rivalutazione annuale) per anno civile (articolo 51, comma 2), stabilizzando una previsione vigente fino al 31 dicembre 2014 e non prorogata per il 2015.
In agricoltura viene confermato il regime speciale già in vigore.
Viene, invece, espressamente vietato il lavoro accessorio nell’ambito della esecuzione degli appalti, fatta eccezione per le attività individuate dal Ministero del Lavoro con apposito DM, sentite le parti sociali, entro sei mesi dall’entrata in vigore del decreto delegato (articolo 51, comma 6).
Quanto agli strumenti di pagamento sono confermati i voucher sia telematici che cartacei, tuttavia si prevede che l’acquisto dei buoni orari per ricorrere a prestazioni di lavoro accessorio da parte di committenti imprenditori o professionisti deve avvenire esclusivamente attraverso modalità telematiche, mentre solo committenti non imprenditori o non professionisti possono rivolgersi anche alle rivendite autorizzate (articolo 52, comma 1).
La determinazione del valore nominale dei voucher è rimessa ad apposito decreto ministeriale, in attesa del quale l’importo rimane fissato in 10 euro (come da DM 12 marzo 2008); tuttavia, nel settore agricolo l’importo del voucher è pari alla retribuzione oraria delle prestazioni di natura subordinata individuata dal contratto collettivo (articolo 52, commi 1 e 2).
La normativa introduce un obbligo di comunicazione preventiva alla DTL con riferimento ai dati anagrafici, al codice fiscale del lavoratore e al luogo della prestazione, per attività di lavoro accessorio relative ad un arco temporale non superiore a 30 giorni (in forma del tutto analoga a quello già vigente per il lavoro intermittente), con modalità telematiche, anche attraverso sms o posta elettronica (articolo 52, comma 3).
Sul corrispettivo del lavoratore accessorio si stabilisce che il compenso sia ricevuto in conseguenza dell’accreditamento dei buoni da parte del beneficiario anziché, come nel testo vigente, al momento della restituzione dei voucher (articolo 52, comma 4).
Quale disposizione transitoria, viene fatto salvo l’utilizzo dei buoni lavoro, richiesti alla data di entrata in vigore del decreto, secondo la previgente disciplina fino al 31 dicembre 2015 (articolo 54).