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Secondo la Cassazione lavoro non è giusta causa di licenziamento l’utilizzo da parte del lavoratore di beni aziendali se manca un patto di rendicontazione
Nel caso all’esame della Corte di Cassazione n. 3479 del 20 febbraio 2015 , che ha visto due giudicati differenti tra il Tribunale di merito e la Corte di Appello, l’aspetto principale su cui verte la quaestio giuridica riguarda la prova dell’uso promiscuo dei beni aziendali da parte del lavoratore . Un commento sul ribaltamentto della sentenza di appello , ahce può aprire la strada forse a futuri orientamenti in mnateria di rapporto fiduciario tra azienda e lavoratore .
IL CASO
Un dipendente della società torinese M. s.r.l. agiva in giudizio dinanzi al Tribunale di Torino per vedersi dichiarare l’illegittimità del licenziamento intimatogli per giusta causa dall’azienda per aver utilizzato l’autovettura, il telepass e la carta di credito dell’azienda per fini privati e, conseguentemente, chiedeva il pagamento dell’indennità di mancato preavviso ai sensi delle previsioni contenute nel contratto collettivo nazionale del settore commercio.
Il giudice di prime cure rigettava il ricorso e il lavoratore proponeva appello avverso la sentenza con cui il Tribunale aveva accolto le istanze dell’azienda, la quale sosteneva l’uso improprio dei beni.
La Corte d’Appello di Torino invece, dichiarava la illegittimità del licenziamento, sulla base delle risultanze emerse nel corso di giudizio e della prova testimoniale, e condannava la società al pagamento di una indennità di sei mensilità della ultima retribuzione globale di fatto oltre Euro 6.362,00 a titolo di indennità sostitutiva del preavviso.
TRATTO DA ” Licenziamento illegittimo se per l’uso dei beni aziendali non è previsto il rendiconto “
Commento alla sentenza della Corte di Cassazione lavoro n. 3479/2015
Uso promiscuo dei beni aziendali , onere della prova e obbligo di fedeltà
2. SULL’USO PROMISCUO DEI BENI AZIENDALI E SULL’ONERE DELLA PROVA
Rispetto all’uso dei beni aziendali, la società contestava che la Corte d’Appello avesse posto in capo all’azienda l’onere di provare che la carta di credito aziendale ed il telepass non fossero in “uso promiscuo” e che il dipendente non potesse quindi utilizzarli senza obbligo di rendiconto per l’acquisto del carburante e per il pagamento dei pedaggi nel caso di uso in proprio dell’autovettura.
La Corte di Cassazione, sulla base delle risultanze istruttorie e anche delle dichiarazioni dei testi, i quali avevano escluso che «in relazione all’uso del telepass fosse stato imposto un rimborso o di un semplice rendiconto, non diversamente del resto da quanto accadeva per il consumo del carburante e più in generale per l’utilizzo della autovettura aziendale», ribadisce il giudicato della Corte d’ Appello e va anche oltre.(…)
Nella sostanza i giudici riconoscono al lavoratore il diritto ad utilizzare i beni aziendali in questione (telepass, carta di credito, autovettura) per uso personale in assenza di obbligo di rendicontazione imposto dalla azienda e perché l’assenza di controlli sui giustificativi di spesa vale come autorizzazione implicita.
3. BREVI CONSIDERAZIONI FINALI SUGLI ORIENTAMENTI DELLA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE E SULL’OBBLIGO DI FEDELTÀ
La problematica che questa sentenza lascia aperta, a parere di chi scrive, attiene al rapporto fiduciario tra azienda e lavoratore e la sentenza in commento potrebbe fungere da apripista per future interpretazioni giurisprudenziali.
L’articolo 2105 c.c. in merito all’obbligo di fedeltà dispone che «il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, né divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio».
Tuttavia, come osserva parte della dottrina, deve essere collegato e valutato alla luce degli artt. 1175 e 1375 c.c. «sicché è imposto al lavoratore di astenersi non solo dalle condotte espressamente elencate nell’art. 2105 Cod. Civ. ma anche da qualsiasi comportamento atto a creare una situazione di conflittualità con l’impresa ed a recare pregiudizio agli interessi della stessa (cfr. Cass. 4952/98; Cass. 1. 11437/95)» idoneo a ledere irrimediabilmente il presupposto fiduciario del rapporto stesso.(…)