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Nuovo ISEE, ecco come si calcola reddito e patrimonio


Fisco

La riforma dell’ISEE, in vigore dal prossimo 8 febbraio, prevede una definizione più ampia del concetto di reddito, pondera meglio la situazione patrimoniale, presta particolare attenzione alle famiglie più numerose e alle diverse condizioni di disabilità. Ecco in dettaglio come verranno conteggiati il reddito e il patrimonio ai fini ISEE.
Al fine di intercettare l’effettiva situazione economica, il nuovo ISEE accoglie una definizione ampia di reddito includendo le seguenti fattispecie:
a) reddito complessivo ai fini IRPEF;
b) redditi soggetti a imposta sostitutiva o a ritenuta a titolo d’imposta;
c) ogni altra componente reddituale esente da imposta, compresi i redditi da lavoro dipendente prestato all’estero;
d) i proventi derivanti da attività agricole, svolte anche in forma associata, per le quali sussiste l’obbligo alla presentazione della dichiarazione IVA. A tal fine, si considera la base imponibile assunta ai fini dell’IRAP, al netto dei costi del personale;
e) assegni per il mantenimento di figli effettivamente percepiti;
f) trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche, laddove non siano già inclusi nel reddito complessivo di cui alla lettera a);
g) redditi fondiari relativi ai beni non locati soggetti alla disciplina dell’IMU;
h) il reddito figurativo delle attività finanziarie. A tale scopo si applicherà al patrimonio mobiliare complessivo del nucleo familiare (con l’esclusione dei depositi e conti correnti bancari e postali) il tasso di rendimento medio annuo dei titoli decennali del Tesoro ovvero, ove inferiore, il tasso di interesse legale vigente al 1° gennaio maggiorato di un punto percentuale;
i) il reddito lordo dichiarato ai fini fiscali nel paese di residenza da parte degli appartenenti al nucleo iscritti nelle anagrafi dei cittadini italiani residenti all’estero (AIRE).
Dal valore aggregato di tutti redditi, al fine di migliorare la capacità selettiva dei richiedenti, si sottraggono gli assegni periodici corrisposti al coniuge e ai figli e si opera una discriminazione qualitativa delle diverse tipologie di reddito, prevedendo che:
• i redditi da lavoro dipendente verranno decurtati di una quota pari al 20%, fino ad un massimo di 3.000 euro, per giustificare i costi di produzione del reddito. Il meccanismo serve ad evitare il fenomeno disincentivante per cui si riduce l’offerta di lavoro per evitare di conseguire un reddito tale da non rientrare nelle soglie previste (c.d. trappola della povertà);
• alle pensioni e ai trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari si sottrae una analoga quota, fino ad un massimo di 1.000 euro, in ragione delle maggiori spese connesse alla vecchiaia e ad altre condizioni di fragilità dei beneficiari di trattamenti fiscalmente esenti;
• l’importo dei redditi agrari relativi agli operatori professionali obbligati alla presentazione della dichiarazione IVA verranno sottratti;
• si tiene conto dei costi dell’abitare in quanto l’aumento dell’abbattimento passa da 5.165 a 7.000 euro all’anno, quale importo massimo della spesa effettivamente sostenuta per l’affitto registrato. Tale importo si incrementa ulteriormente di 500 euro per ogni figlio convivente successivo al secondo. Con riferimento ai proprietari, si tiene conto dei costi dell’abitare in modo comparabile nella componente patrimoniale.
Il decreto introduce importanti novità per tenere conto dei costi sostenuti da persone con disabilità o non autosufficienti. Il criterio fondamentale adottato è di non considerare in maniera indistinta le persone con disabilità, ma di classificare l’entità della disabilità in tre classi: disabilità media, grave, e non autosufficienza.
Una volta individuata la classe di appartenenza si procede con un abbattimento diretto del reddito della famiglia in cui è presente una persona con disabilità. L’abbattimento è in somma fissa e si tratta di un criterio che tenta di superare le storture che si verificavano in precedenza, quando la presenza di un disabile si traduceva nel riconoscere una maggiorazione della scala di equivalenza, con l’effetto di tradursi in un abbattimento dell’ISEE tanto più alto quanto più elevato era il reddito e il patrimonio della famiglia considerata, indipendentemente dalla gravità del bisogno.
Ecco gli importi degli abbattimenti in somma fissa previsti nel decreto:
• € 4.000,00 per ogni persona con disabilità media, con un incremento fino a € 5.500,00 se minorenne;
• € 5.500,00 per ogni persona con disabilità grave, con un incremento fino a € 7.500,00 se minorenne;
• € 7.000,00 per ogni persona non autosufficiente, con un incremento fino a € 9.500,00 se minorenne.
Le persone non autosufficienti potranno dedurre tutte le spese per l’acquisizione, diretta o indiretta, dei servizi di collaboratori domestici e addetti all’assistenza personale o per la retta dovuta per il ricovero presso strutture residenziali. Invece, sarà possibile dedurre fino a un massimo di 5.000 euro le spese relative alla situazione di disabilità, certificate a fini fiscali:
• spese sanitarie per disabili;
• spese per l’acquisto di cani guida;
• spese sostenute per servizi di interpretariato per le persone sorde;
• spese mediche e di assistenza specifica per i disabili.
Il patrimonio immobiliare, che incide per il 20% ai fini dell’ISE, è pari al valore dei fabbricati, delle aree fabbricabili e dei terreni, intestati a persone fisiche non esercenti attività d’impresa, quale definito ai fini IMU al 31 dicembre dell’anno precedente a quello di presentazione della DSU, indipendentemente dal periodo di possesso nell’anno. Il valore è così determinato anche in caso di esenzione dal pagamento dell’imposta.
L’importo del patrimonio immobiliare subisce le seguenti rettifiche:
1. per ciascun fabbricato, area o terreno, si detrae, fino a concorrenza, l’ammontare dell’eventuale debito residuo alla data del 31 dicembre dell’anno precedente la presentazione della DSU per mutui contratti per l’acquisto dell’immobile o per la costruzione del fabbricato;
2. per i nuclei familiari residenti in abitazione di proprietà, occorre procedere considerando:
• il valore della casa di abitazione, come sopra determinato, al netto del mutuo residuo;
• tale differenza non rileva ai fini del calcolo del patrimonio immobiliare se inferiore alla soglia di 52.500 euro, incrementata di 2.500 euro per ogni figlio convivente successivo al secondo.
• in caso di superamento della franchigia il valore rileva in misura pari a due terzi della parte eccedente.
Va precisato che gli immobili detenuti all’estero sono rilevanti ai fini dell’ISEE con un valore pari a quello definito ai fini del valore degli immobili situati all’estero al netto del debito residuo per l’acquisto o la costruzione.
Un’importante novità riguarda il valore della componente mobiliare nella parte riguardante i depositi e i conti correnti postali e bancari per i quali si dovrà considerare il maggior valore tra il saldo attivo al 31/12 dell’anno precedente a quello di presentazione della DSU e la consistenza media annua riferita a tale periodo. Tale principio trova un’eccezione nel caso di acquisti immobiliari o incrementi di altre componenti mobiliari consentendo al richiedente di considerare il saldo al 31/12 anche se inferiore alla consistenza media.
È il caso di precisare che il valore della consistenza media, per finalità di controllo, diventa un dato obbligatorio.
Dal valore del patrimonio mobiliare si detrae, fino a concorrenza, una franchigia pari a 6.000 euro, accresciuta di 2.000 euro per ogni componente il nucleo familiare successivo al primo, fino ad un massimo di 10.000 euro. La predetta soglia è incrementata di 1.000 euro per ogni figlio componente il nucleo familiare successivo al secondo.
Fonte (Fisco 7)

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