Fisco
Più facile difendersi dagli atti impositivi emessi sulla base degli studi di settore. È infatti nullo l’accertamento quando l’ufficio non prende in considerazione le giustificazioni scritte trasmesse dal contribuente nella fase amministrativa.
La ha sancito la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 6971 dell’8 aprile 2015, ha accolto il ricorso di un architetto che aveva trasmesso all’ufficio una relazione tecnica con la quale spiegava i motivi della riduzione della sua attività professionale legati a problemi familiari.
Insomma, la sezione tributaria ha rilanciato l’importanza del contraddittorio fra fisco e cittadino, anche in presenza di atti scritti.
Tanto più che in questo caso l’amministrazione aveva emesso l’atto impositivo ancora prima del giorno fissato per il colloquio orale. Il principio affermato risponde a quello generale per cui in sede di contraddittorio preventivo il contribuente ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli «standards» o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, per altro verso, che la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento dai parametri, altrimenti vanificandosi del tutto le finalità del contraddittorio, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello «standard» prescelto.
(Fonte: ItaliaOggi)