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Per il 2016 torna in scena la detassazione del salario produttività, misura sperimentata più volte negli ultimi anni, fino al 2014, sulla base di regole che sono cambiate più volte.
Nell’ultimo anno in cui la detassazione ha trovato applicazione, il regime fiscale di favore – consistente, va ricordato, nell’applicazione di una tassazione sostitutiva con aliquota al 10% – era riconosciuto su un massimo di 3mila euro lordi annui, in favore di lavoratori con reddito fino a 40mila euro annui, in presenza di condizioni molto complesse sul piano applicativo. Il trattamento agevolato poteva, infatti, essere applicato sulle somme percepite sulla base di accordi collettivi di secondo livello che avessero collegato i premi ad almeno tre indicatori scelti tra un paniere predeterminato (redistribuzione orari con modelli flessibili, distribuzione flessibile delle ferie, misure per la compatibilità delle nuove tecnologie con la privacy dei lavoratori, nuove mansioni).
La legge di stabilità per il 2016 introduce regole più semplici, rivedendo l’entità delle somme assoggettabili al regime agevolato, la platea dei beneficiari e le condizioni di accesso.
L’applicazione dell’imposta sostitutiva del 10% si applicherà sino a un valore massimo di 2.000 euro, e potranno concorrere alla misura tutti i lavoratori che hanno percepito un reddito da lavoro dipendente, nell’anno precedente, non superiore 50.000 euro lordi; in questo modo entrano tra i beneficiari dell’esenzione anche i quadri e gli impiegati con compiti di responsabilità.
Cambiano anche gli indicatori di produttività: il progetto di legge include tra le somme incentivate i premi collegati ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, ma anche le somme erogate come forme di partecipazione agli utili dell’impresa.
Tali indicatori dovranno essere misurabili sulla base di criteri individuati da un apposito decreto ministeriale, da emanarsi entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge.
Potranno fruire della tassazione separata – ma in maniera indiretta e molto più timida rispetto alle anticipazioni dei giorni scorsi – anche i trattamenti di welfare aziendale.
La legge, infatti, si limita a precisare che le somme e i valori che già oggi, sulla base dell’art. 51 del TUIR, non rientrano nei redditi da lavoro, mantengono il regime di esenzione anche quando vengono riconosciuti come trattamenti alternativi ai premi aziendali. Questa norma conferma la legittimità di una prassi già oggi sperimentata, ma non sembra prefigurare un intervento diretto della contrattazione aziendale nella definizione dei piani di welfare aziendale.
Viene confermato, invece, senza modifiche il criterio di individuazione dei contratti collettivi che possono definire il salario di produttività: si tratta degli accordi aziendali o territoriali firmati da organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
(Fonte: Lavoro&Impresa)